Trenta big a Sanremo. Perché oggi si va al Festival?

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Domenica scorsa Carlo Conti ha annunciato la lista dei big in gara al Festival di Sanremo 2025. Trenta cantanti e band che via social tutti abbiamo visto festeggiare all’annuncio del proprio nome da parte del nuovo-vecchio direttore artistico della kermesse.

Come sono stati selezionati? E cosa spinge artisti e artiste di generazioni così lontane tra loro a candidarsi per il Festival? Ne abbiamo parlato Giovanni Monteverdi e Roberto Turatti, autori e speaker di Buongiorno Freedom, programma di “risveglio musicale” di Freedom Street Radio (on air lunedì, mercoledì e venersì dalle 8 alle 9.30 su www.freedomsr.com).

L’intervista a Giovanni Monteverdi e Roberto Turatti


Roberto, lei Sanremo l’ha vissuto diverse volte sia da produttore sia da autore di brani in gara. Tra le sue produzioni, anche la celeberrima “Siamo Donne” di Jo Squillo e Sabrina Salerno.

Che cosa ne pensa dei nomi scelti quest’anno? Rappresentano il panorama musicale italiano?

Turatti: Questo è assolutamente il panorama della musica di oggi. Anche personaggi come Massimo Ranieri e Marcella Bella, che apparentemente appartengono al passato, ma sono una giusta rappresentanza per un certo tipo di musica che tende proprio a ricordare il passato. Con le dovute differenze, pensiamo ad esempio cosa è successo con i Ricchi e Poveri l’anno scorso, che hanno poi riscontrato un grandissimo successo anche nei mesi successivi al Festival. E poi in questo periodo funzionano parecchio le melodie, per cui ci vedo benissimo un cantante di livello come Ranieri. Anzi, meno male che c’è questo mix e non c’è rappresentanza solo degli hit-maker del momento.

Da sinistra, Giovanni Monteverdi e Roberto Turatti

Ci sono nomi nella lista che sorprendono o a cui prestare attenzione?

Monteverdi: Per me, Lucio Corsi è un cantautore da tenere d’occhio, come Brunori. Magari non porteranno il classico Sanremese, però la storia ci insegna che non sempre chi vince i Festival è quello che vende o viene ascoltato di più. E Achille Lauro è l’outsider del Festival, per me può vincere.

Turatti: Corsi è un misto tra Alberto Fortis e Coez…un menestrello! Lauro per me è uno dei papabili vincitori, si è ripulito molto con la partecipazione come giudice a X-Factor. Ha dimostrato di avere una cultura musicale. Aggiungo Serena Brancale: tutti la conosciamo per la canzone sul baccalà, ma lei è una jazzista e polistrumentista affermata, una davvero tosta.

Grandi aspettative anche su Joan Thiele, che forse non è così nota alla massa, ma è già grandissima. Nel 2023 ha vinto il premio David di Donatello alla migliore canzone originale per Proiettili (brano colonna sonora del film Ti mangio il cuore, scritto insieme a Elodie, Elisa e Emanuele Triglia, ndr.)

Marcella Bella e Massimo Ranieri da una parte, Bresh e Sarah Tommaso dall’altra. Qual è il criterio di selezione?

Monteverdi: La scelta non è solo sul nome, ma anche sulla canzone che porti. Probabilmente, anche nomi più datati come Ranieri e Marcella Bella avevano due canzoni che per il loro target possono essere consone ad essere inseriti nella manifestazione in questo momento. Perché loro e non altri? Qui c’è il gusto: probabilmente le loro canzoni sono piaciute di più, hanno fatto più colpo.

Turatti: Io non ho mai contestato il cast del Festival. Ricordiamoci che questo dovrebbe essere il Festival della canzone italiana. In teoria, va premiata la qualità della canzone, non l’artista in sé. Oggi, oltre la canzone, ha un peso anche la performance e tutto quello che c’è attorno all’artista e alla kermesse. Ad ogni modo, mi auguro che il criterio di selezione sia sempre e comunque la qualità della canzone. Per verificare dovremmo ascoltare i brani dei big e pure quelle degli esclusi, per confrontarle. Del resto, non c’è più il cantante da Sanremo, come non c’è più il pezzo sanremese secondo me. L’anno scorso in molti hanno portato pezzi dance con la cassa in quattro. Ai miei tempi, con Esatto di Francesco Salvi, io ero stato un pioniere con la cassa dritta al Festival.

Una come Elodie va a Sanremo per motivi diversi da Lucio Corsi, evidentemente. Ma allora, perché si va a Sanremo oggi?

Turatti: Quello degli Eiffel-65 è un esempio lampante. Avevano una hit mondiale con Blue (da ba dee). Poi sono stati a Sanremo e solo dopo il Festival li hanno conosciuti in Italia. Il Festival serve a questo, è una vetrina per far arrivare gli artisti alla massa in Italia. Molto più di XFactor e Amici di Maria de Filippi, che semmai servono per creare il cast e fare promozione, svolgendo il ruolo che una volta era delle radio. Ma la vera vetrina è e resta Sanremo, perché è una settimana in cui tutta l’attenzione delle case discografiche, dei media e delle persone è solo su quelle canzoni lì.

Monteverdi: Una volta andavano a Sanremo artisti che facevano un disco all’anno e usavano il Festival come promozione. Quella promozione gli durava tutto l’anno, con turnè all’estero grazie alla canzone presentata a Sanremo. Non esiste più questa programmazione, i tempi di consumo delle canzoni sono così velocizzati che questo non è più possibile.

È quindi cambiato il modo in cui ascoltiamo la musica?

Turatti: Certamente. Il concetto di “album” non esiste quasi più, le case discografiche spingono gli artisti a pubblicare a cadenza regolare per mantenere viva l’attenzione su di loro. Quindi la preferenza non è vendere più copie di un album, ma avere centinaia di migliaia di ascolti per un singolo.

 Monteverdi: Io mi ricordo nel 1981 era uscita “La voce del padrone” di Franco Battiato. È stata prima in classifica per due anni. Impensabile adesso con qualunque singolo. E poi credo anche io che non ci sia più il concetto di album, ne sono un esempio recente i Pinguini Tattici Nucleari. I singoli di “Fake News” sono successi pazzeschi che hanno raggiunto tantissime persone, ma quasi nessuno sa il titolo dell’album da cui sono estratti. Perché la fruizione è tramite app o download, non si va a comprare fisicamente il disco.

Turatti: esatto, per chi ascolta oggi la percezione è quella di ascoltare una playlist, non un album. E non è neanche detto che te le ascolti in ordine. Se penso a quanto tempo e lavoro ci impiegavamo una volta per decidere l’ordine dei brani in un disco, era una strategia importante… oggi non serve a nulla!

Tornando a parlare di Festival, Roberto, se avesse la possibilità di produrre uno degli artisti in gara quest’anno chi sarebbe e perché?

Monteverdi: lui produrrebbe Massimo Ranieri

Turatti: tu scherzi, ma a me non dispiacerebbe affatto, mi piacciono molto le melodie. La verità è che non c’è un nome tra i big di Sanremo con cui a prescindere non lavorerei. Certo, ci sono alcuni artisti che fanno un genere musicale per il quale forse non potrei dare il mio miglior contributo, ma per me il fattore determinante è sempre e comunque la canzone. Se proprio devo fare un nome, io sono affascinato da Lucio Corsi.

Monteverdi: per la vicinanza di genere musicale io ti vedrei bene a produrre i The Kolors.

Turatti: Non lo nego, ma non sono gli unici. Ad esempio, il vecchio Achille Lauro non lo avrei prodotto, ma la musica che fa adesso sì. E potrei andare avanti…

Chi vince Sanremo viene poi proiettato all’Eurovision. Ci sono artisti che effettivamente hanno i numeri per un successo anche internazionale?

Monteverdi: anche una come Giorgia per me ha i numeri, certo ci vuole la canzone giusta. A me poi piace molto Rose Villain.

Turatti: Per me, anche qui, dipende dalla canzone. Poi se penso all’artista nel complesso, secondo me Irama ha i numeri per un successo internazionale e una voce molto riconoscibile. Se pensiamo più nello specifico allo spettacolo che mette in scena l’Eurofestival, allora ci vedo bene Achille Lauro o Gaia.

Per la serata cover che duetto vorreste sentire?

Turatti: Olly con Benji (e Fede)! 

Nel salutarci, Giovanni Monteverdi ha uno slancio: “sarebbe bello riparlarne dopo aver ascoltato le canzoni, magari un paio di volte.”
Non ce lo facciamo ripetere due volte, appuntamento a dopo l’ascolto: confermerà o ribalterà le impressioni?

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